Cannabis legale

Iniziativa

Il referendum per la cannabis legale

Come si legge sul sito del referendum cannabis legale (clicca qui per un approfondimento: https://referendumcannabis.it/informati/) il  quesito referendario riferito al Testo Unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, di cui al d.P.R. 309/1990, è stato formulato con il duplice intento di intervenire sia sul piano della rilevanza penale sia su quello delle sanzioni amministrative di una serie di condotte legate in particolare modo alla coltivazione di cannabis per uso personale. 

In primo luogo, il quesito propone di depenalizzare la condotta di coltivazione di qualsiasi pianta intervenendo sulla disposizione di cui all’art. 73, comma 1, e di eliminare la pena detentiva per qualsiasi condotta illecita relativa alla cannabis (con eccezione dell’associazione finalizzata al traffico illecito di cui all’art. 74), intervenendo sull’art. 73, comma 4.  

Sul piano amministrativo, infine, il quesito propone di eliminare la sanzione della sospensione della patente di guida e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori attualmente destinata a tutte le condotte finalizzate all’uso personale di qualsiasi sostanza stupefacente o psicotropa, intervenendo sull’art. 75, comma 1, lettera a). 

Il quesito depositato è il seguente: “Volete voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309,  avente ad oggetto “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”, limitatamente alle seguenti parti: Articolo 73, comma 1, limitatamente all’inciso “coltiva”; Articolo 73, comma 4, limitatamente alle parole “la reclusione da due a 6 anni e”; Articolo 75, limitatamente alle parole “a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni;”?” 

Negli scorsi mesi, grazie all’impegno di migliaia di persone – attivisti, firmatari, coordinatori ecc. – sono state raccolte in tutta Italia 630.000 firme per il referendum: queste sono state consegnate il 28 ottobre 2021 e saranno sottoposte al vaglio della Corte di Cassazione e, successivamente, a quello della Corte Costituzionale che si occuperà di emettere il giudizio di ammissibilità del quesito referendario il prossimo 15 febbraio 2022. 

10 FEBBRAIO 2022

Convegno presso il Circolo Sergio Atzeni

Il 10 febbraio 2022 il team di ForJus è stato invitato a partecipare al convegno, tenutosi presso il Circolo Sergio Atzeni (clicca qui per accedere alla loro pagina facebook: Circolo Sergio Atzeni), per parlare di alcuni aspetti giuridici importanti relativi al referendum per la cannabis legale. 

All’incontro hanno partecipato promotori del referendum, attivisti dell’Associazione Luca Coscioni (clicca qui per accedere al loro sito: https://www.associazionelucacoscioni.it/) ed importanti giuristi. 

Il convegno, organizzato da Matteo Massa, consigliere comunale e metropolitano di Cagliari con i Progressisti, è stato moderato da Laura Di Napoli della Cellula Coscioni Sardegna ed organizzatrice locale di Cagliari per il referendum Cannabis Legale. 

Il convegno è stato aperto dall’intervento video di Marco Cappato che si è soffermato sulle ragioni che hanno spinto diverse associazioni a promuovere questo referendum. 

La prima è legata alla libertà individuale ed all’autoresponsabilità che devono essere riconosciute alle persone, per consentire a chiunque di fare un uso responsabile e sicuro delle sostanze; la seconda è connessa al fallimento delle politiche cosiddette “proibizioniste”, volte cioè a contenere il consumo e l’abuso della cannabis e che, di fatto, hanno portato alla crescita della criminalità organizzata che – come sappiamo – gestisce il mercato nero della droga. 

L’intervento di Marco Cappato si è concluso con delle interessanti riflessioni sulla politica e sul fatto che, in generale, i referendum sono un’occasione e, dunque, uno strumento con cui le persone possono partecipare alla vita politica: in un momento storico come quello che stiamo attraversando, in cui la politica è spesso criticata perché lontana dal quotidiano delle persone, i referendum sono la chiave per il rilancio della democrazia attraverso la partecipazione dei cittadini che, dunque, deve essere complementare al governo dei politici. 

Laura di Napoli ha introdotto il proprio intervento con una riflessione sulle politiche proibizioniste che sono state portate avanti negli Stati in tutto il mondo, partendo dall’analisi della prima convenzione – nata negli anni ’60 – che aveva l’obiettivo di eliminare l’oppio, la cannabis e la cocaina nel giro di poche decine di anni: obiettivo che, chiaramente, non è stato mai raggiunto. 

Proprio per questo motivo, si sono succedute diverse convenzioni tra gli Stati che hanno introdotto dei veri e propri blocchi nel commercio e nella diffusione della droga. 

Soltanto alla fine degli anni ’80 si è formata una nuova corrente basata sul principio della riduzione del danno che ha ispirato le politiche degli Stati, in particolare il Canada, che si sono aperte verso l’utilizzo della cannabis a scopo terapeutico e che hanno visto una progressiva legalizzazione della stessa entro certi limiti. 

Terminato l’intervento di Laura di Napoli, l’Avv. Aldo Luchi, già presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Cagliari, ha analizzato con grande chiarezza il quesito referendario, soffermandosi in particolare su due aspetti molto importanti: la coltivazione della cannabis e la destinazione della stessa. 

L’avv. Luchi, poi, ha messo in risalto le differenze esistenti tra il referendum del ’93 e quello oggi al vaglio della Corte Costituzionale e si è, successivamente, soffermato sulla legge n. 242/2016 e le problematiche ad essa connesse anche in relazione alle diverse terminologie ivi indicate come canapa “sativa” e “indica”, che hanno ingenerato non pochi dubbi interpretativi. 

Il quarto intervento della serata è stato curato da Nicola Fanni che, partendo dalla sua personale esperienza di canapicoltore, ha posto l’attenzione sulla direttiva della Procura della Repubblica di Cagliari che si è espressa in merito all’attuale legislazione in tema di coltivazione di canapa.
Secondo Nicola Fanni, tale direttiva ha un carattere estremamente punitivo nei confronti dei canapicoltori perché penalizza l’attività di produzione e coltivazione della cannabis e getta incertezza sul lavoro di chi ha questo tipo di impianti.

L’intervento si è concluso con una riflessione sulla poca chiarezza delle norme che disciplinano la materia che, presentando diverse lacune, causano dei danni seri all’economia: infatti, il prodotto che viene lavorato nel nostro territorio viene svenduto nei mercati esteri che operano in Paesi dove vi sono meno restrizioni e che, quindi, possono valorizzarlo anche sotto il profilo economico.

La nostra collega Avv. Claudia Piroddu, invece, si è soffermata sul discrimen tra una coltivazione penalmente rilevante ed una condotta che si colloca al di fuori della illiceità penale, ovvero la destinazione ad uso personale della sostanza. 

Difatti, la coltivazione assume rilevanza penale perché (e nella misura in cui) comporta l’immissione di stupefacente nel mercato, in quanto lo scopo dichiarato della disciplina che sanziona la coltivazione di cannabis (già individuato nell’importantissima sentenza n. 9973/1998 con cui la Corte di Cassazione si è pronunciata a Sezioni Unite) è quello di combattere il mercato della droga che mette in pericolo la salute pubblica, l’ordine pubblico e la sicurezza. 

Verrebbe, quindi, da dire che qualora lo stupefacente non fosse destinato al mercato ma solo all’uso personale di chi lo coltiva, ciò farebbe venire meno l’offensività della condotta e, dunque, la sua rilevanza penale. 

Tuttavia, tale conclusione non è così pacifica: infatti, negli ultimi anni si sono succeduti diversi orientamenti – sostenuti da pronunce spesso contrastanti della stessa Corte di Cassazione – che hanno messo in risalto come il concetto di “destinazione ad uso personale” avesse

connotazioni differenti se inserita nel concetto di “detenzione” o di “coltivazione”; inoltre, è stata posta, altresì, in evidenza la necessità di distinguere tra coltivazione in senso “agrario” e coltivazione “domestica”.

L’intervento della nostra collega Avv. Claudia Piroddu è terminato con una riflessione sull’evoluzione giurisprudenziale in materia di cannabis e sul ruolo del consumatore che, spesso, è ancora indotto ad acquistare nel mercato nero dominato dalle mafie e in cui a farne le spese è proprio la salute del consumatore medesimo.  

L’ultimo intervento è stato curato da Luca Lecca del comitato pazienti Cannabis Medica, che si è soffermato sull’utilizzo della cannabis a scopi medici e, dunque, per curare delle patologie. 

Grazie alla Legge Di Bella, infatti, può essere prescritta la cosiddetta cannabis “terapeutica”, di cui il paziente può far uso seguendo le prescrizioni mediche. 

Luca Lecca, però, mette in risalto un importantissimo problema relativo all’approvvigionamento della cannabis che, periodicamente, subisce delle brusche interruzioni a causa proprio dell’esiguità delle scorte presenti. 

Quando finiscono le scorte, quindi, cosa può fare il paziente? Smettere di curarsi finché non vengono rifornite o è costretto a rivolgersi al mercato illegale per continuarne l’assunzione? 

Il convegno si è chiuso con la riflessione di Matteo Massa sulle posizioni –spesso contrastanti- assunte in politica sul tema della cannabis e sull’importanza di consentire ai cittadini di partecipare attivamente ai temi sociali proprio grazie allo strumento del referendum. 

 Per chi volesse vedere il video intero del convegno, può accedere al canale YouTube del Circolo Sergio Atzeni al seguente link: https://m.youtube.com. 

CORTE COSTITUZIONALE

La decisione della Corte Costituzionale

Il 16 febbraio, la Corte Costituzionale si è espressa sull’ammissibilità del referendum sulla cannabis, dichiarando inammissibile il quesito referendario. 

Subito dopo i lavori, il Presidente Amato ha riferito che «Il referendum non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti. Si faceva riferimento a sostanze che includono papavero, coca, le cosiddette droghe pesanti»: tali circostanze, secondo il Presidente, sarebbero contrastanti con i trattati internazionali e, in ogni caso, avrebbero reso le disposizioni interessate dal referendum inidonee a raggiungere lo scopo. 

Bisognerà attendere i prossimi giorni per il deposito della sentenza per comprendere le motivazioni che hanno portato a questa decisione. 

LA SENTENZA

Le motivazioni della Corte Costituzionale

Il 2 marzo è stata depositata la sentenza n.51/22 con cui la Corte Costituzionale ha chiarito il ragionamento logico – giuridico che ha portato alla dichiarazione di inammissibilità della richiesta di referendum sull’“abrogazione di disposizioni penali e di sanzioni amministrative in materia di coltivazione, produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope.” 

Precisamente, secondo la Corte Costituzionale, il quesito sarebbe inammissibile perché si porrebbe in contrasto con le Convenzioni internazionali e la disciplina europea in materia, difettando di chiarezza e coerenza intrinseca e risultando, comunque, inidoneo allo scopo. 

Nella sentenza si legge che il Comitato promotore ha articolato il quesito referendario in tre parti, ovvero:

1) la depenalizzazione della coltivazione della cannabis, 2) l’eliminazione della sanzione della reclusione da due a sei anni per tutti i reati concernenti le droghe leggere e 3) l’esclusione della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida in caso di uso personale di stupefacenti, sia di tipo pesante sia di tipo leggero. 

Tuttavia, la Corte ha rilevato che l’eliminazione della parola “coltiva” dal primo comma dell’articolo 73 del T.U. sugli stupefacenti – oggetto della prima parte del quesito referendario – farebbe venir meno la rilevanza penale anche della coltivazione delle piante da cui si estraggono le droghe pesanti (papavero sonnifero e foglie di coca), nonostante la richiesta referendaria -secondo le intenzioni dei promotori dichiarate in giudizio- mirasse a depenalizzare le sole condotte di coltivazione “domestica” e “rudimentale” delle piante di cannabis, ponendosi in contrasto con gli obblighi internazionali derivanti dalle Convenzioni di Vienna e di New York e con la Decisione Quadro 2004/757/GAI. 

Inoltre, la Corte ha osservato che – a prescindere dall’ammissibilità del referendum – sarebbero comunque rimaste in vigore le disposizioni, contenute in altre Leggi, che sanzionano la coltivazione della pianta di cannabis nonché di ogni altra pianta da cui possono estrarsi sostanze stupefacenti  

Con riferimento alla seconda parte del quesito, la Corte ha evidenziato un profilo di manifesta contraddittorietà, perché l’abrogazione della pena detentiva per le condotte aventi ad oggetto le sole droghe leggere avrebbe determinato una stridente antinomia con il trattamento sanzionatorio di analoghi fatti, ma di «lieve entità»: per questi ultimi, infatti, sarebbe rimasta comunque in vigore la pena congiunta della reclusione e della multa. 

Per leggere la sentenza della Corte Costituzionale clicca il link: https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2022:51