L’inadempimento contrattuale causato dalla pandemia da Covid-19

L’epidemia da SARS-CoV-2 ha inciso notevolmente sul settore economico e produttivo del nostro Paese, in quanto l’esigenza di contenere la propagazione del virus ha comportato un considerevole, e doloroso, sacrificio della libertà di iniziativa economica privata e, altresì, della libertà contrattuale dei singoli.

Difatti, a molte persone è stata imposta la chiusura forzata della propria attività commerciale o, comunque, questa è ugualmente avvenuta a causa dell’interruzione della filiera produttiva delle aziende che si occupavano della creazione, distribuzione e fornitura di prodotti necessari per lo svolgimento di altre attività ad esse collegate.

Gli imprenditori, quindi, hanno dovuto affrontare – ed affrontano tuttora – delle grandi difficoltà per far fronte agli obblighi contrattuali assunti poiché l’impossibilità di svolgere la propria attività impedisce loro di eseguire le prestazioni dovute.

D’altro canto, i consumatori che abbiano già acquistato dei biglietti o degli abbonamenti (pensiamo, per esempio, ad eventi sportivi, biglietti aerei, abbonamenti della palestra) non possono godere delle prestazioni cui avrebbero diritto, per le quali, peraltro, hanno già sostenuto delle spese.

In questi mesi, pertanto, si sono moltiplicati i conflitti tra le diverse categorie ed il Governo Conte è dovuto intervenire per introdurre dei rimedi volti a salvaguardare i contratti in essere e, segnatamente, a trovare un contemperamento tra le contrapposte esigenze delle parti coinvolte.

Decreto Ristori

Nello specifico, il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 (cosiddetto “decreto Ristori”), muovendo dal D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (cosiddetto “decreto Cura Italia”) e dal D.L.19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto “decreto Rilancio”), ha lavorato su due fronti: per gli imprenditori ha espressamente previsto l’esclusione della responsabilità in caso di inadempimento, in quanto l’impossibilità di dare esecuzione alle proprie prestazioni è stata determinata da un fattore esterno, indipendente dal comportamento dell’obbligato; per i consumatori, invece, ha indicato delle soluzioni alternative per ottenere il soddisfacimento dei propri interessi, ovvero il rimborso totale o parziale del prezzo pagato oppure l’emissione di un voucher del valore corrispondente all’importo versato.

Sul punto, però, è opportuno fare delle distinzioni.

Per ciò che riguarda il rimborso di pacchetti turistici o di titoli di viaggio, il voucher deve essere riconosciuto entro 14 giorni dal momento dell’esercizio del diritto di recesso ed ha validità pari a 18 mesi a far data dalla sua emissione; inoltre, il contraente lo potrà, comunque, impiegare per usufruire di servizi resi da un altro operatore purché appartenente al medesimo gruppo societario.

Se, però, il consumatore non ha la possibilità di usufruire del voucher, né di impiegarlo per la prenotazione di ulteriori servizi, ha comunque diritto al rimborso dell’importo versato dopo che sono decorsi 18 mesi dalla sua emissione.Avv. Viola Zuddas, Civilista

Tuttavia, in tema di contratti di trasporto aereo, ferroviario o marittimo, il rimborso può essere richiesto in un termine più breve, ovvero dopo che sono trascorsi 12 mesi dall’esercizio del diritto di recesso.

Per ciò che concerne il rimborso dei biglietti per spettacoli, invece, il consumatore è tenuto a presentare una apposita istanza all’organizzatore dell’evento, nella quale, oltre ad indicare i propri dati personali, deve allegare il titolo di acquisto.

L’organizzatore dell’evento, dunque, deve effettuare il rimborso del prezzo pagato oppure deve provvedere alla emissione di un voucher del medesimo importo, che dev’essere utilizzato entro 18 mesi dalla sua emissione.

In tale ultima ipotesi, però, se la performance dell’artista non viene riprogrammata e, quindi, ad esempio il concerto viene definitivamente annullato, l’organizzatore è tenuto a rimborsare per intero la somma.

Chiarito quanto sopra, nelle ipotesi in cui tra le parti non sia possibile giungere ad un accordo nei termini indicati, ciascuna può adire l’autorità giudiziaria competente per vedere tutelati i propri interessi, previo esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione.

Tale rimedio, che si presenta come deflattivo del contenzioso, è volto a risolvere celermente i conflitti insorti, garantendo al contempo il contenimento dei costi che le parti potrebbero essere tenute ad affrontare.

Viola Zuddas, Avvocato