Il D.L. 25 maggio 2021, n. 73 ha ampliato la platea dei beneficiari del Bonus “prima casa”, ovvero la possibilità di accedere al Fondo di garanzia, pari all’80%, per i mutui diretti all’acquisto e ristrutturazione prima casa.

Il Fondo, istituito dalla Legge di stabilità 2014, offre ai cittadini che possono beneficiarne una garanzia, per l’accensione di mutui ipotecari per l’acquisto o la ristrutturazione di unità immobiliari da adibire a prima casa.

Chi ha diritto al beneficio?

Le categorie che possono accedere al Fondo sono:

  • giovani coppie;
  • nuclei familiari monogenitoriali con figli minori;
  • giovani che non hanno compiuto trentasei anni di età.

Altri due i requisiti per poter accedere alla garanzia dell’80% della quota capitale, sono: avere un valore dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a € 40.000,00 e che il rapporto tra l’importo del finanziamento e il prezzo dell’acquisto dell’immobile, comprensivo degli oneri accessori, non superi l’80%.

Ancora, il richiedente, alla data di presentazione di domanda di mutuo, non deve risultare proprietario di altri immobili ad uso abitativo, salvo quelli acquistati per successione mortis causa, anche in comunione con altri successori, e in uso a titolo gratuito a genitori o fratelli.

Quali tipologie di immobili rientrano nell’agevolazione prevista dal Decreto Sostegni bis?

La norma fa riferimento agli atti di acquisto di abitazioni per le quali ricorrono i requisiti di “prima casa” e, quindi, escluse quelle di categoria catastale A1, A8 e A9. Anche le relative pertinenze beneficiano di questa agevolazione fiscale. La norma si applica anche quando la cessione delle case di abitazione con i requisiti di “prima casa” avvenga da parte di un’impresa.

Inoltre, l’immobile ad uso abitativo deve essere sito nel territorio nazionale ed il mutuo ipotecario deve essere di importo non superiore a € 250.000,00.

La norma riconosce anche agli acquirenti che hanno acquistato l’immobile da un’impresa un credito d’imposta di ammontare pari all’IVA corrisposta all’impresa in relazione all’acquisto. Il credito d’imposta può essere portato in diminuzione dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e sulle denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito, ovvero può essere utilizzato in diminuzione delle imposte sui redditi delle persone fisiche dovute in base alla dichiarazione da presentare successivamente alla data dell’acquisto; può altresì essere utilizzato in compensazione ma in ogni caso non dà luogo a rimborsi.

Qual è il termine di scadenza per inoltrare la domanda?

Le tempistiche per richiedere il mutuo agevolato coprono un arco temporale abbastanza ampio. Difatti, le domande sono aperte dal 24 giugno 2021 fino al 30 giugno 2022.

I finanziamenti devono essere connessi alternativamente all’acquisto della “prima casa” o ad un acquisto con l’effettuazione di interventi di ristrutturazione e accrescimento dell’efficienza energetica dell’unità immobiliare.

Come fare la domanda?

La domanda deve essere presentata direttamente alla banca o all’intermediario finanziario a cui si richiede il mutuo, se aderente all’iniziativa. La modulistica da compilare è disponibile dal 24 giugno sul sito Consap e su quello del Ministero dell’economia.

Dopo l’inoltro della domanda, Consap ha 20 giorni di tempo per comunicare alla banca la concessione della garanzia e a sua volta quest’ultima deve comunicare a Consap, entro 90 giorni, il perfezionamento del mutuo. Al contrario, se il finanziamento non viene concesso la garanzia non ha più validità.

Bonus “prima casa” under 36: quali agevolazioni fiscali?

Oltre all’accesso al Fondo per gli under 36, il Decreto Sostegni bis prevede per i soggetti che non hanno ancora compiuto trentasei anni di età nell’anno in cui l’atto è rogitato e che hanno un valore dell’indicatore della situazione economica equivalente, non superiore a € 40.000,00 annui, l’esenzione:

  • dall’imposta di registro;
  • dalle imposte ipotecaria e catastale.

L’esenzione vale per:

  • atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di “prime case” di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9;
  • gli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione.

Per gli atti sopraccitati relativi a cessioni soggette all’imposta sul valore aggiunto, è attribuito inoltre un credito d’imposta di ammontare pari all’imposta sul valore aggiunto corrisposta in relazione all’acquisto. Questo potrà:

  • essere portato in diminuzione dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e sulle denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito;
  • essere utilizzato in diminuzione delle imposte sui redditi delle persone fisiche dovute in base alla dichiarazione da presentare successivamente alla data dell’acquisto;
  • essere utilizzato in compensazione.
Quando si decade dai benefici prima casa? E quali sono le conseguenze?

Si decade dall’agevolazione prima casa per dichiarazione mendace, alienazione dell’abitazione prima di 5 anni non seguita dal riacquisto entro l’anno, mancata alienazione entro l’anno dall’acquisto della precedente prima casa. In queste ipotesi, venendo meno i presupposti per godere delle agevolazioni “prima casa”, l’imposta di registro dovrà essere pagata nella misura del 9%, le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 50 euro ciascuna, oltre all’applicazione di interessi e sanzioni. L’imposta sostitutiva sul finanziamento sarà applicata nella misura del 2%.

Inoltre, laddove l’Agenzia delle Entrate riscontri l’insussistenza degli altri requisiti previsti come l’età, il valore ISEE o il periodo temporale di validità delle agevolazioni, dovranno essere corrisposte le imposte dovute maggiorate di sanzioni e interessi. Non essendo venuti meno i requisiti e le condizioni per l’applicazione dell’agevolazione “prima casa”, l’imposta di registro sarà pagata nella misura del 2% e l’imposta sostitutiva per il finanziamento nella misura ordinaria dello 0,25%.

Francesco Sanna, Avvocato

Con la pubblicazione della Gazzetta Ufficiale D.L. 22 marzo 2021, n. 41, ha preso vita l’annunciato “Decreto Sostegni”, diretto ad aiutare, mediante un contributo a fondo perduto, tutti quei soggetti colpiti dall’emergenza seguita alla pandemia da COVID-19.

Aspetto nuovo rispetto ad aiuti del passato risulta essere la modalità di misurazione dell’impatto della crisi in danno di un soggetto: affidata al parametro del decremento del fatturato medio mensile riferito all’intero anno 2020. Così il Legislatore ha inteso vagliare la meritevolezza o meno del godimento del beneficio in base a un dato temporale esteso, piuttosto che a un dato riferito a un singolo mese che avrebbe potuto penalizzare o premiare indebitamente alcuni operatori economici.

Altra apprezzabile scelta è quella di non aver previsto alcuna differenziazione in relazione al settore economico o codice Ateco di appartenenza, così da permettere a qualsiasi partita iva, attivata dal 1° gennaio 2019 e che abbia patito un calo del fatturato “moderato”, di poter aspirare a ricevere il sostegno previsto.

Per quanto concerne le modalità e istruzioni da seguire per la presentazione della domanda, da inoltrare entro il entro il 28 maggio 2021, si segnalano i provvedimenti direttoriali dell’Agenzia delle Entrate n. 77923 e 82454, rispettivamente del 23 e del 29 marzo 2021.

In ordine ai beneficiari il comma 1 dell’articolo 1 prevede un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti titolari di partita iva, residenti o stabiliti nel territorio italiano, che svolgono attività d’impresa, arte o professione o producono reddito agrario, oltre a rientrarvi anche gli enti non commerciali. Il tutto senza che abbia alcuna rilevanza la forma giuridica prescelta e il regime contabile adottato.

Di converso, il comma due dell’articolo in analisi sancisce che non possono beneficiare del contributo coloro i quali abbiano cessato l’attività alla data del 23 marzo 2021 o che abbiano “aperto” la partita iva in data successiva. Inoltre, altri soggetti che non possono ottenere il sostegno sono gli enti pubblici, ex art. 74 T.U.I.R., e gli intermediari finanziari e società di partecipazione, ex art. 162-bis T.U.I.R.

Proseguendo nell’analisi dell’articolo 1 del “Decreto Sostegni”, i commi 3 e 4 stabiliscono due condizioni essenziali al ricorrere delle quali il contributo è dovuto per:

  • I titolari di reddito agrario, i lavoratori autonomi e i titolari di reddito d’impresa i quali devono avere un ammontare di compensi percepiti o un ammontare di ricavi derivanti dall’attività d’impresa, relativi al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, non superiore a dieci milioni di euro;
  • Coloro i quali hanno registrato un ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del 2020 inferiore ad almeno il 30% rispetto all’anno 2019.

Per la determinazione corretta dei predetti importi si fa riferimento alla data di effettuazione dell’operazione. Mentre, in relazione al dato del fatturato/corrispettivi si considerano tutte le operazioni che hanno partecipato alle liquidazioni del periodo preso a riferimento.

I commi 5 e 6 dispongono in merito alle modalità di calcolo e al limite del contributo spettante.

La regola generale per il calcolo del contributo spettante ad ogni operatore si determina applicando una percentuale alla differenza tra l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi 2020 e l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del 2019.Avv. Francesco Sanna, Civilista e Tributarista

La percentuale predetta si differenzia in maniera inversamente proporzionale al crescere dei ricavi o compensi riferiti all’annualità 2019.

Così il quantum del contributo a fondo perduto riconosciuto è pari all’importo ottenuto applicando le seguenti percentuali al differenziale di fatturato medio mensile:

  • 60% soggetti con ricavi o compensi non superiori a € 100,000,00;
  • 50% soggetti con ricavi o compensi compresi tra € 100.000,01 ed € 400.000,00;
  • 40% soggetti con ricavi o compensi compresi tra € 400.000,01 ed € 1.000.000,00;
  • 30% soggetti con ricavi o compensi compresi tra € 1.000.000,01 ed € 5.000.000,00;
  • 20% soggetti con ricavi o compensi compresi tra € 5.000.000,01 e 10.000.000,00.

Inoltre, è stato previsto espressamente che anche i soggetti che hanno attivato la partita iva dopo il 31 dicembre 2018 possono beneficiare del contributo in quesitone anche se la media mensile del fatturato e dei corrispettivi 2020 risulta calata meno del 30%, rispetto a quella dell’anno 2019, mentre per coloro i quali hanno proceduto alla “apertura” della partita iva nell’anno 2020 spetterà il contributo minimo di € 1.000,00 per le persone fisiche e di € 2.000,00 per i soggetti aventi altre forme giuridiche.

Specificato l’ammontare del contributo minimo spettante a colui il quale ne ha diritto, al comma 6 del Decreto in parola viene stabilito il limite massimo del contributo, pari a € 150.000,00.

Il comma 7 prevede che gli operatori possano scegliere o l’erogazione del contributo o il riconoscimento di un credito d’imposta da portare in compensazione tramite Mod. F24.

Tale scelta, una volta esplicitata, è irrevocabile.

Per quanto attiene la procedura da seguire per godere dell’erogazione del beneficio, il comma 8 demanda al provvedimento dell’A.E. n. 77923/2021; il quale ha definito tempi, modalità e contenuto della presentazione dell’istanza.

In sintesi, le istanze devono essere inviate per via telematica tramite li desktop telematico o per mezzo della piattaforma web, posta nell’area riservata del portale “Fatture e Corrispettivi”.

Francesco Sanna, Avvocato