Il processo civile per responsabilità medica: profili preliminari e il doppio “filtro” di procedibilità • Parte 2

Come già detto nella “PARTE 1” dell’articolo del mese scorso, sempre dedicato al processo civile per responsabilità medica, il soggetto leso, o in caso di morte i suoi familiari, che si determina ad adire l’autorità giudiziaria al fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti per “mala sanità” è obbligato ad esperire preliminarmente uno dei due procedimenti conciliativi.

Specificatamente, con l’entrata in vigore del d.lgs 28/2010 ha preso sempre più piede una modalità di gestione del conflitto volto al raggiungimento di una transazione tra le parti coinvolte.

La scelta per la mediazione, al posto dell’accertamento tecnico preventivo, attesta una sorta di preferenza per un percorso collaborativo che prescinde dal piano meramente giuridico e tecnico, consentendo alla parte istante di imbastire una comunicazione con la parte convocata (struttura sanitaria, sanitario e/o loro assicurazioni).

Detto ciò non può non rilevarsi che le liti in subiecta materia possono essere soggettivamente molto complesse, poiché spesso coinvolgono non soltanto il paziente e il medico o il paziente e la struttura sanitaria o il paziente, il medico e la struttura sanitaria, ma anche le compagnie di assicurazione, nonché, in caso di evento morte, i familiari del defunto. Ne deriva la compresenza di un coacervo di interessi tra di loro contrapposti non agevolmente coordinabili.

In dipendenza di quanto appena evidenziato si è deciso di suddividere il procedimento di mediazione in due fasi fondamentali: la prima, atta a favorire la comunicazione tra i soggetti coinvolti e il loro reciproco riconoscimento; la seconda, diretta a trovare un punto di incontro tra le parti sul piano risarcitorio, attraverso l’esame degli aspetti medico-legali del caso di specie e di tutti gli altri elementi che potrebbero influire su tale determinazione.

I vantaggi di addivenire ad un accordo di mediazione non sono pochi.

Difatti, l’assistenza di un mediatore qualificato e competente e la presenza di un clima collaborativo tra i soggetti coinvolti, che la mediazione dovrebbe contribuire ad instaurare, costituiscono certamente motivi validi per indurre la parte che chiede l’ottenimento di un risarcimento a farla propendere per la scelta del filtro in questione.

Ancora, altri aspetti di non secondaria importanza in caso di mediazione sono le garanzie di riservatezza e confidenzialità e gli incentivi di carattere fiscale che il procedimento di mediazione assicura, oltre alla possibilità di porre in esecuzione il verbale di mediazione e l’allegato accordo.

Di converso gli svantaggi che tale tipo di scelta procedurale porta con sé sono l’onerosità del procedimento per scaglioni di importo elevato, l’eventuale incompetenza dei mediatori rispetto alla specifica tipologia di contenzioso, la condanna al pagamento delle spese in caso di rifiuto della proposta conciliativa e di successiva condanna da parte del giudice ad un importo corrispondente a quello indicato nella proposta rifiutata.

L’efficacia della mediazione, com’è facile intuire, si fonda in primo luogo sulla possibilità di riunire attorno ad un unico tavolo di discussione tutti i soggetti coinvolti nella vicenda oggetto di lite, sia per favorire la corrispondenza soggettiva e oggettiva del procedimento con il successivo eventuale processo – così soddisfacendo la condizione di procedibilità – ma anche perché aumentino le possibilità di una composizione bonaria e stragiudiziale della vertenza.

L’art. 8, comma 4-bis, d.lgs 28/2010 stabilisce che «Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio».Avv. Francesco Sanna, Civilista e Tributarista

In tema di conseguenze derivanti dalla mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione si deve precisare che queste avranno luogo, salvo casi di “giustificato motivo”.

Alla luce di quanto testè esposto ci si deve ora interrogare circa la portata del significato della locuzione “giustificato motivo”, che la norma non specifica se di tipo oggettivo o soggettivo.

Partendo dalla considerazione che per “giustificato motivo” non possa essere intendersi la asserita infondatezza della pretesa avversaria e/o il personale scetticismo nei confronti dell’istituto della mediazione, proviamo a individuare – come fatto dalla migliore dottrina e giurisprudenza – alcune ipotesi in cui si dovrebbe ritenersi sussistere il “giustificato motivo”:

  1. incompetenza territoriale dell’organismo di mediazione adito la cui sede operativa deve trovarsi il «luogo del giudice territorialmente competente per la controversia»;
  2. proposizione della domanda di mediazione innanzi a un organismo diverso da quello individuato convenzionalmente dalle parti nella clausola di mediazione;
  3. mancanza o invalida comunicazione alla controparte, imputabile all’organismo o alla parte istante;
  4. impossibilità oggettiva della parte convocata di partecipare al primo incontro;
  5. ricezione di una istanza di mediazione dalla quale non si evinca la materia del contendere.

Infine, si precisa che per poter ritenere espletata la condizione di procedibilità (oltre alla mancata partecipazione del chiamato per ragioni non giustificate) occorre tenere conto di quanto disposto dal citato art. 5, comma 2-bis, secondo cui «la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo».

E’ evidente che la fattispecie di mancato accordo costituisce ipotesi distinta e ben diversa da quella di mancata partecipazione.

Le ragioni che possono condurre al mancato raggiungimento di un accordo di mediazione sono le più disparate. In sintesi possono essere distinte in:

  1. ragioni attinenti alla funzionalità e/o efficienza dell’organismo di mediazione adito o alla serietà, imparzialità, competenza del mediatore designato o alla idoneità dei luoghi della mediazione o infine o a mere esigenze di opportunità;
  2. ragioni attinenti alla fondatezza o no della pretesa.

(https://www.questionegiustizia.it)

Francesco Sanna, Avvocato

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