Il processo civile per responsabilità medica: il fallimento del tentativo di conciliazione e l’instaurazione del procedimento di cui agli artt. 702-bis e ss. c.p.c. • Parte 5

La partecipazione delle parti al procedimento di consulenza tecnica preventiva è necessaria ai sensi dell’articolo 8, comma 4, L. 8 marzo 2017 n. 24. Ciò denota l’evidente intento del Legislatore di favorire al massimo il raggiungimento di un accordo di conciliazione, sino al punto da adottare, nei confronti della parte che non manifesti un atteggiamento collaborativo, serie sanzioni.

Queste sono di diverso tipo e trovano la loro applicazione nel successivo giudizio di merito:

a) mancata partecipazione delle parti:

  1. condanna al pagamento delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall’esito del giudizio;
  2. condanna al pagamento di una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte che è comparsa alla conciliazione;

b) mancata formulazione dell’offerta di risarcimento del danno da parte dell’impresa di assicurazione ovvero di mancata comunicazione dei motivi contrari:

  1. Qualora si giunga ad una pronuncia favorevole al danneggiato, si avrà la trasmissione della copia della sentenza da parte del giudice all’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) per gli adempimenti di propria competenza.

Venendo alla conclusione del procedimento di consulenza tecnica preventiva si osserva che il consulente tecnico d’ufficio, prima di depositare la relazione in cancelleria, deve tentare – se possibile – la conciliazione tra le parti.Avv. Francesco Sanna, Civilista

Preme precisare che il tentativo in parola non è facoltativo, bensì è doveroso.

Difatti, l’indagine sulla possibilità o meno del tentativo di conciliazione deve tenere in debita considerazione due elementi: la natura della causa e l’atteggiamento assunto dalle parti prima del deposito della relazione in cancelleria, che potrebbero indurre il consulente a non tentare la conciliazione perché ritenuta del tutto inefficace.

Dal punto di vista procedurale la condizione di procedibilità è assicurata dall’esperimento del procedimento de quo, non potendosi di certo imporre alle parti di imbastire una trattativa, che per sua stessa natura deve essere il frutto della sola ed esclusiva volontà dei soggetti coinvolti.

Ad ogni buon conto, ove si giunga alla conciliazione, si applicano i commi 2 e 3 dell’art. 696-bis c.p.c. Così il giudice deve attribuire al processo verbale di conciliazione efficacia di titolo esecutivo, ai fini dell’espropriazione e dell’esecuzione in forma specifica, oltreché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
Ai sensi del comma 4, il processo verbale è esente dall’imposta di registro.

Di converso, se la conciliazione non riesce, si applica l’art. 8, comma 3, della legge 8 marzo 2017 n. 24, a mente del quale «la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, è depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all’articolo 702-bis del codice di procedura civile. In tal caso il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti; si applicano gli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile».

Una volta instaurato il procedimento di cui all’art. 702-bis e ss. c.p.c., «ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito».Avv. Francesco Sanna, Civilista

Qualora non venga rispettata la condizione di procedibilità, ai sensi dell’art. 8, comma 2, della legge 8 marzo 2017 n. 24, «l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice, ove rilevi che il procedimento di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dinanzi a sé dell’istanza di consulenza tecnica in via preventiva ovvero di completamento del procedimento».

Una volta divenuta procedibile la domanda, deve ritenersi che, essendo già stato promosso il processo secondo determinate forme (quelle del rito ordinario di cognizione ovvero quelle del rito sommario di cognizione), con queste stesse forme esso dovrà continuare. La regola della proposizione della causa secondo gli artt. 702-bis ss. c.p.c., infatti, vale soltanto nell’ipotesi in cui si sia stato preliminarmente esperito l’accertamento tecnico preventivo ex artt. 696-bis ss. c.p.c.

Francesco Sanna, Avvocato

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